– Lamenti dell’anima -
Dagli scritti di Padre Pio:
Le fitte tenebre mi coinvolgono tutto; una forza potentissima di essere quasi invisibile mi disperde; e mentre ritento a raccogliere i residui dispersi delle mie facoltà, tutto torna a smarrirsi e viene come stritolato ed annullato dal tutto. Mio Dio! Sono a te in profonda confusione; a te che sei quel che sei. Io … nulla meschino, degno solo del tuo disprezzo e della tua commiserazione, ma … rifletto che ho da far col Dio, che è mio. Ah! Sì. E chi vuol contendermelo?…io mi domando se nel mio credere senza sentirlo vi( …) sia mancanza a quell’uniformità voluta da Dio. Ahimé ! i sentimenti che si suscitano in me in proposito toccano i due estremi, si cozzano fra loro, e riducono l’anima quasi nell’impotenza di reagire, tenendola nel più duro martirio, e di giorno e di notte. ( Ep. I, 1105)
Dagli scritti di Padre Pio:
Cosa avviene in me? Dio dove potrò trovarlo? Il mio Dio dov’è? È un cerchio illimitato che mi riduce sempre al principio come al fine … Dio mio, padre mio, io non ne posso più. Mi sento morire di mille morti in ogni istante. Mi sento divorare da una forza misterioso, intima e penetrante che mi tiene sempre in dolce, ma dolorosissimo deliquio. Che cosa è mai questo? Lamentarsi con Dio di tanta durezza, è colpa? E se è colpa, come si fa a soffocare questi lamenti quando una forza, a cui non si può resistere, mi spinge senza poterla frenare in nessun modo, a lamentarmi col dolce Signore ? (Ep. I, 1105/1106)
Dagli scritti di Padre Pio:
Dio mio, non voglio, no, disperare: non voglio, no, far torto alla vostra infinita pietà, ma sento in me, non ostante tutti questi sforzi di confidenza, vivo, chiaro, il fosco quadro del vostro abbandono e del vostro rigetto. Mio Dio, io confido, ma questa confidenza è piena di tremori … Oh Dio mio! Se potessi anche in minimo afferrare che questo stato non sia un vostro rigetto e che io in questo non vi offenda, sarei disposto a soffrire centuplicato questo martirio. (Ep. I,1264)
Dagli scritti di Padre Pio:
Ho lasciato tutto per piacere a Dio e mille volte avrei data la mia vita per sugellare il mio amore a lui, ed ora, o Dio, quanto mi riesce amaro, nel sentire nell’intimo del cuore che egli è irritato contro di me, non posso, no, trovare pace alla mia sventura. Il mio cuore tende irresistibilmente verso il suo Signore con tutto il suo impeto, ma una mano di ferro mi respinge sempre … figuratevi un povero naufrago, abbracciato ad una tavola del bastimento, cui ogni fiotto ed ogni folata di vento minaccia di annegare … e questo stato mi fa soffrire persino nella più alta notte, quando più che mai mi sforzo di trovare il mio Dio. (Ep.I,1264)
Tratto dall’Epistolario I, II edizione anno 1973, a cura di Melchiorre da Pobladura e Alessandro da Ripabottoni.
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