Quasi al termine di questo mese, nel quale costantemente abbiamo orientato la preghiera verso i nostri cari defunti, vogliamo riflettere profondamente sul valore della nostra immortalità, sul valore della nostra anima, la nostra anima immortale. Possiamo paragonarla a quella scintilla di vita, a quell’alito divino che ha fatto sì che il primo uomo fosse e, come il primo, ognuno di noi. Una scintilla divina che è vita, che è vita vera, che è già vita eterna; una eternità meno considerata, una realtà sempre meno compresa. Chiediamo allo Spirito Santo di sapere cogliere queste verità divine, chiediamo allo Spirito Santo di saper comprendere l’immortalità, chiediamo allo Spirito Santo di saper considerare in modo opportuno la nostra anima, quindi la nostra esistenza con le caratteristiche dell’eternità. Abbiamo chiesto allo Spirito Santo di insegnarci le cose divine e l’anima è di Dio. L’invisibile spesso appartiene a Dio, un invisibile che la nostra esistenza rende visibile; siamo noi l’immagine del Dio invisibile e siamo noi la visualizzazione della nostra anima. E’ la nostra responsabilità: i figli di Dio immortali. Il nostro apparire sia allora manifestare realtà divine e nient’altro, altrimenti si cadrebbe in contraddizione. L’immagine di Dio svanirebbe e la realtà dell’anima ne avrebbe discapito.
San Pio scriveva:
… per fare bella comparsa, non si finirebbe mai, anzi tutte le nostre cure sarebbero rivolte a migliorare ed a rendere sempre più bello il nostro corpo. L’anima forse sarebbe stata meno curata, l’avremmo avuta come entità trascurabile. Ebbene, se la provvidenza ha allontanato da noi il motivo di trascurare l’anima per poter attendere a migliorare il nostro corpo, fu però infinita sapienza di Dio l’averci messo in nostre mani tutti i mezzi per poter rendere bella la nostra anima, anche dopo che la rendemmo deforme colla colpa. Basta che l’anima voglia cooperare alla divina grazia, che la sua bellezza può raggiungere a tale splendore, a tale formosità, a tale leggiadria da poter attirare in se stessa, per amore e per stupore, non tanto gli occhi degli angioli ma quelli istessi di Dio, secondo che ce ne dà testimonianza la stessa sacra scrittura: “ Il re, cioè Iddio, si è innamorato del tuo decoro “(Sal.44,12).(Ep.II,227)
Riflessione:
Sembra la descrizione per eliminare la concorrenza tra l’apparire e l’essere, ma far trionfare un apparire divino, una Provvidenza che interviene per farci comprendere che l’anima, con la grazia di Dio riassume la condizione originale. Stupore agli occhi, tanto stupore che la Bibbia stessa dice che Dio si è innamorato del suo decoro. Splendore, formosità, leggiadria… Proviamo a pensare a quanto Dio può essere innamorato di noi, osservando la nostra anima.
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Questa realtà soprannaturale, che conquista la nostra natura e le pone in comunione speciale con Dio. Più volte Dio interviene nella nostra vita, interviene all’istante del concepimento, interviene nel momento del battesimo e poi è presenza costante con esperienze costantemente meravigliose,come la celebrazione dei sacramenti.
San Pio scriveva:
Il cristiano nel battesimo risorge in Gesù, viene sollevato ad una vita soprannaturale, acquista la bella speranza di sedere glorioso sopra trono celeste. Quale dignità! La sua vocazione richiede di aspirare di continuo alla patria dei beati, di considerarsi qual pellegrino in terra di esilio; la vocazione di cristiano, dico, richiede di non apporre il cuore nelle cose di questo basso mondo; tutta la cura, tutto lo studio cristiano, che vive secondo la sua vocazione, è rivolto nel procacciarsi i beni eterni. (Ep. II, 229)
Riflessione:
Lo sappiamo che nel battesimo si risorge in Cristo, lo sappiamo che ci viene donata la soprannaturalità, lo sappiamo di che dignità siamo rivestiti e sappiamo anche di dover aspirare di continuo alla patria dei beati. Lo sappiamo che dobbiamo considerarci pellegrini in terra d’esilio, verso la meta che è il Paradiso. Sappiamo questo e sappiamo tante, tante altre cose, una più importante dell’altra. Chiediamo a Gesù di far sì che ognuna di queste realtà sia costantemente considerata, non venga dimenticata o messa da parte, non si riduca all’interesse, per questa realtà che hanno il sapore dell’eterno. Il mondo a volte tende a nascondere, tende a privare, tende a falsificare. Rimaniamo nella verità.
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Sulla considerazione del cristiano battezzato San Pio scrive ancora:
Il cristiano adunque, morto e risuscitato con Gesù pel battesimo, deve sforzarsi di sempre rinnovarsi e perfezionarsi nel contemplare le verità eterne ed i voleri di Dio; devesi insomma di continuo sforzare di ritrarre in sé la somiglianza di quel Signore che lo creò. A tanto ci obbliga la perfezione cristiana, a tanto c’incita l’apostolo con quella sapientissima espressione: “ Vestendo l’uomo nuovo, che sempre si rinnovella per la cognizione delle verità, secondo l’immagine di colui che lo creò“( Col.3,9).ma qual’è quest’uomo nuovo di cui tiene qui la parola l’apostolo? Questi è l’uomo santificato pel battesimo, che secondo i principi della santificazione deve vivere “ nella giustizia e nella vera santità ”(Lc.1,75). ( Ep. II,233)
Riflessione:
Il solo pensare che siamo tutti morti e risorti in Cristo con il battesimo, ci avvicina logicamente al concetto della perfezione. E il vestito dell’ uomo nuovo non è semplicemente un abito, ma è un habitus, cioè uno stile di vita, un modo di fare, un modo di essere: è, coerentemente, ciò che viene mostrato. A tanto ci obbliga la perfezione cristiana, a questo siamo incitati, questo è l’uomo santificato nel battesimo.
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Il Signore ci ha proprio elevato in alto. Creandoci a sua immagine e somiglianza e donandoci, poi, la novità di vita, ha investito su di noi e alcuni di noi sono davvero l’immagine di Dio nel mondo. Alcuni di noi sono davvero la manifestazione costante e perseverante del suo amore. Ognuno di noi può essere questa manifestazione d’amore, ognuno di noi può far riconoscere in sé i tratti del Creatore.
San Pio scriveva:
Vi prego caldamente di non perdere il tempo nel pensiero del passato. Se questo fu bene impiegato, diamone gloria a Dio; se male, detestiamolo e confidiamo nella bontà del Padre celeste. Anzi vi esorto a mettere il vostro cuore nella tranquillità al consolante pensiero che la vostra vita, per quella parte non bene spesa, è stata ormai al nostro dolcissimo Iddio già perdonata.(Ep.IV,193/194)
Riflessione:
“Vi esorto a mettere il vostro cuore nella tranquillità”. Non siamo mai tranquilli; c’è sempre qualcosa che ci angoscia. Cosa significa mettere il nostro cuore nella tranquillità? Significa fare l’esperienza dell’amore di Dio e del suo perdono e dare gloria a Dio con la nostra vita. Le realtà del cielo sono più vicine di quanto non possiamo immaginare, anzi, ci hanno già raggiunto, come Gesù Eucaristia: Egli è il Dio che ci ha raggiunti, non si è solo avvicinato, ci ha proprio raggiunti e viene in noi. Non ne siamo degni, ma è un dono del suo amore, un dono grande, un dono eterno, come eterni siamo noi.
Tratto dall’ Epistolario II, IV, II edizione anno 1975, 1984 a cura di Melchiorre da Pobladura e Alessandro da Ripabottoni.
Le meditazioni sono del nostro Parroco don Emilio Lonzi.
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