– Esaltazione della Croce -

Ogni volta che abbiamo cercato una luce, un conforto, una risposta. Come può un morto essere segno di vita? Come può una condanna essere segno di amore ? Eppure Gesù crocifisso è tutto questo; è il segno supremo dell’amore di Dio che si è donato per noi, per la nostra salvezza. E’ la sorgente della luce, è la risposta al dolore e alla morte. Sì, il crocifisso è la risposta al grido di dolore  a Dio dall’umanità sofferente. “Ecco mio figlio”, ci dice Dio. Ad ogni dolore Dio ci risponde: ”Ecco mio figlio”, per farci capire come a quel dolore del figlio suo possiamo unire il nostro, dobbiamo unire il nostro, affinché abbia un senso, un significato, una finalità.

San Pio scriveva:

“Quanto è dolce, padre, il nome croce! ; qui, appié della croce di Gesù, le anime si rivestono di luce e si infiammano di amore; qui mettono le ali per elevarsi ai voli più eccelsi. Sia dessa croce anche per noi sempre il letto del nostro riposo, la scuola di perfezione, l’amata nostra eredità. A tal fine badiamo di non separare la croce dall’amore a Gesù: altrimenti quella senza di questo diverrebbe un peso insopportabile alla nostra debolezza.” (Ep. I, 601-602)

Riflessione:

Solo un uomo perfetto nella croce, contemplativo della croce può definire dolce questa esperienza. Per noi portare la croce significa solo portare un peso insopportabile, motivo di lamentela e di ribellione, mentre San Pio ci dice che le anime si rivestono di luce e si infiammano di amore e da quel crocifisso, inchiodato, immobile, arrivano le ali per elevarsi ai voli più eccelsi. Capiamo sempre più perché Gesù è il mediatore, capiamo sempre più come Gesù ha fatto proprie tutte le realtà umane e le ha elevate fino al Padre. Tante realtà umane da Gesù sono state elevate fino al divino; ecco di che ali si parla. Gesù e la croce, sicuramente inseparabili; una realtà illumina l’altra, la croce fa capire la dimensione dell’amore di Gesù. Gesù ci fa capire la modalità per dimostrare amore. L’una senza l’altra non avrebbe significato. Gesù sarebbe stato un uomo eccezionale, la croce da sola, solo disperazione. Gesù uomo sulla croce ha dimostrato di essere Dio, ci ha fatto anche capire come l’uomo può amare da Dio. Secondo le parole di San Pio la croce è una scuola di perfezione, una scuola che non comprendiamo, sicuramente, ma nella quale spesso ci ritroviamo ed è lì la nostra conversione, nell’atteggiamento di fronte ad essa, un atteggiamento che dovrebbe essere di amore, un atteggiamento che dovrebbe essere di pace, un atteggiamento che indichi la riconciliazione, perché Gesù ha riconciliato a sé il mondo per mezzo della croce. Addirittura San Pio la definisce “ amata nostra eredità”. L’eredità è solitamente un bene prezioso con il quale poi possiamo fare degli investimenti. La croce allora è un’eredità preziosa per l’investimento della nostra salvezza. Continuando su questa modalità di riflettere che può sembrarci anche molto lontana, ma sono le verità che i santi riescono a comunicarci, quelle che devono formare ed interessare il nostro cammino di fede.

San Pio scriveva:

“Ricordati ed imprimiti bene nella mente che il Calvario è il monte dei santi; ma ricordati ancora che dopo salito il Calvario, piantatavi la croce e spirata su dessa, si ascenderà immediatamente ad un altro monte che si denomina Tabor, la Gerusalemme celeste. Ricordati che il patire è breve, ma la ricompensa è eterna.” (Ep. III, 246-247)

Riflessione:

Il calvario è il monte dei santi. Qualcuno potrebbe pensare: ” allora non mi appartiene! ” e invece la santità è una proposta per tutti. Si sale il calvario, si pianta la croce, si muore su di essa e immediatamente ci si trova sul Tabor, nell’esperienza della trasfigurazione, nell’esperienza del paradiso. Tanti lontani dalla pratica religiosa, considerano davvero stoltezza, sciocchezza, ingenuità questo modo di ragionare, questo modo di riflettere che è invece santità, perfezione, divinità. Come si può, nel mondo d’oggi, parlare in questi termini? Solo con la vita, solo con la testimonianza e quanto più verremo presi in giro, tanto più stiamo portando la croce.

San Pio scriveva:

“Sì, io amo la croce, la croce sola; l’amo perché la vedo sempre alle spalle di Gesù. Oramai Gesù vede benissimo che tutta la mia vita, tutto il mio cuore è votato tutto a lui ed alle sue pene.” (Ep. I, 335)

Riflessioni:

Nel suo cammino spirituale, San Pio era arrivato a donarsi completamente a Gesù. Egli aveva compreso bene il significato del prendere su di sé tutti i dolori del mondo, da parte di Gesù. Gesù ha fatto sua questa realtà di male e di peccato per distruggerla e allora San Pio partecipa di questo: far proprie le sofferenze altrui. Sappiamo bene, dopo l’incontro con Padre Pio, quanto benessere spirituale. Egli aveva preso su di sé tutto il negativo, rilasciando tutta la grazia di Dio, in positivo. Qualche volta capita anche a noi: ascoltare con amore qualcuno, sottrarre ad esso tutto il negativo e comunicare il positivo. Questa non è altro che la grazia di Dio. Gesù l’ha fatto a tal punto da svuotarsi totalmente di sé, fino a morire, fino a donare la vita. Ha esaurito le riserve e si è trovato morto e il Padre lo ha risuscitato. Ecco come si può comprendere l’amore per la croce; ecco come si può intravedere qualcosa di questa realtà meravigliosa che San Pio riusciva a vivere. Dalla croce si vuole scappare, dalla croce vogliamo sempre liberarci; nessuno, o quasi nessuno, la vuole abbracciare, amare.

San Pio scriveva:

“…figliuol mio, ama più di stare sulla croce che a pie’ di essa, ama più di agonizzare con Gesù nell’orto, che compassionarlo perché più ti assomigli al divin Prototipo. In quale circostanza puoi tu fare atti d’invariabile unione del tuo cuore, del tuo spirito alla santa volontà di Dio, della mortificazione dell’io, e dell’amore della tua crocifissione, se non negli aspri e rigorosi assalti che ti vengono mossi dai nostri nemici? Ma, mio carissimo figliuolo, non ti ho io sovente inculcato lo spogliamento di tutto ciò che non è Dio, per rivestirti del nostro Signore crocifisso? Orsù, Dio è quello che permette che il tuo cuore sia nell’aridità e nel buio; ciò non è dunque un rigore, ma una dolcezza. Non ti scoraggiare nella via che stai percorrendo, perché il tutto è di gradimento a Dio: purchè il tuo cuore gli vorrà sempre essere fedele, egli non ti aggraverà più di quello che non puoi e sopporterà con te il fardello allorché osserverà che di buon grado incurvi le tue spalle.” (Ep. IV, 493)

Riflessione:

Questa partecipazione alle sofferenze di Cristo di cui anche San Paolo è stato maestro, è una caratteristica di molti santi. Addirittura San Pio arriva a dire: ” Ama di stare di più sulla croce che ai suoi piedi; ama più di agonizzare con Gesù che di compassionarlo, per assomigliare maggiormente a Lui ”. Quando pensiamo di assomigliare a Gesù, pensiamo sempre all’attimo della sua gloria e non della sua passione e morte, dove maggiormente ha dimostrato amore. Così, in maniera analoga, quando pensiamo a Maria, la pensiamo sempre regina gloriosa nel cielo e spesso mettiamo da parte l’Addolorata. Il Figlio e la Madre nella situazione del dolore per la salvezza del mondo. E mentre quasi tutti erano fuggiti, loro erano lì, soli, quasi a ritrovare un’intimità tutta straordinaria: Gesù, sua madre, un apostolo, qualche donna, una nuova intimità, come quando si condivide un dolore forte e si crea un legame che dopo tale esperienza nessuno riesce a sciogliere. Il legame generato dalla condivisione di un dolore è più forte di un legame generato dalla condivisione di una gioia. Nei nostri momenti di dolore Gesù è sempre presente, non va via; Maria è sempre presente, non va via, dobbiamo ricordarcelo. In quei momenti il legame che viene generato si rafforza, se non fosse bastato il legame di grazia di cui tutti siamo già stati resi partecipi. Rivestiamoci di Gesù crocifisso e della capacità di spogliarci di tutto. Non cediamo allo scoraggiamento nelle difficoltà della vita. Quanto più si guarda a Gesù crocifisso, tanto più si ha la forza, il coraggio, la capacità di guardare oltre. Quanto più sei disposto a che le tue spalle si incurvino sotto il peso di un giogo, sotto il peso di un legno, quanto più sei disposto a portarlo fino alla meta, tanto più assomigli a Gesù, tanto più manifesti un amore soprannaturale, tanto più puoi dire che c’è un’altra vita, che in qualche modo stai già comprendendo. E’ tutto un po’ assurdo questo modo di riflettere sul dolore e sull’amore, ma è assurdo agli occhi del mondo; agli occhi del mondo è stoltezza e scandalo, mentre agli occhi di Dio è sapienza, saggezza, salvezza. Ragionare in questi termini significa convertirsi, significa vivere la propria santità, significa compiere in pienezza la volontà di Dio.

Tratto dall’ Epistolario I, III, IV, II edizione anno 1973, 1977, 1984 a cura di Melchiorre da Pobladura e Alessandro da Ripabottoni.

Le riflessioni sono del nostro Parroco don Emilio Lonzi.

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