– Immolarsi nel corpo e nell’anima –

Fratelli e sorelle, proprio in atteggiamento di preghiera, vogliamo prepararci a fare memoria della partenza per il Paradiso di San Pio, un evento che al cuore dell’uomo appare triste, doloroso, ma che alle anime, invece, fa fare l’esperienza della gioia più elevata, tanto è vero che San Pio lo riconosciamo nella festa della sua partenza in cielo e non più nel dolore di un’assenza, ma nella gioia di una presenza preziosa. Ma, come lui ci ha insegnato, non bisogna mai perdere di vista la sorgente, l’ideale, Dio, Dio amore, che ci si è manifestato in Gesù Cristo ed è rimasto in mezzo a noi nella presenza reale dell’Eucaristia. L’invito costante di San Pio non era altro che una parola: “Pregate”, e noi siamo qui, a seguire questo suo insegnamento. Preghiamo dinanzi a Gesù Eucaristia, in quell’atteggiamento di adorazione, sicuramente una delle preghiere principali, una delle preghiere più importanti: adorare Gesù Eucaristia, contemplare questo mistero d’amore. L’adorazione chiede tanta fede e noi siamo qui a dire: Signore, noi l’abbiamo questa fede, crediamo che in ciò che vediamo, questo piccolo pezzetto di pane è Gesù, il Dio con noi . L’Infinito si è fatto carne, il Figlio di Dio si è fatto pane e in questa modalità così semplice è in mezzo a noi. E’ un  mistero grande che non finiremo mai di comprendere, ma per quel che riusciamo a comprendere nella fede, ci accorgiamo che scaturisce un grazie dal nostro cuore, la gratitudine per avere Dio con noi. Questa sera non vogliamo chiedere  solo qualcosa di cui abbiamo bisogno, ma vogliamo stare con Gesù e ringraziarlo per averci dato un modello di santità come San Pio, che già in in vita, ma ancor di più dopo la partenza per il Paradiso, attira tante anime a sé, affinché si orientino verso Gesù. Questo fanno i santi: attirano tante persone per orientarle verso Gesù. Se perdessimo di vista quest’orientamento, non avremmo capito niente, i santi avrebbero fallito e la loro vita risulterebbe inutile.  Anche questa sera Padre Pio, ancora una volta, ci ha attirato a sé e ci orienta verso Gesù e gli occhi siano fissi su Gesù.

San Pio scriveva:

L’anima non potrà unirsi a Dio senza che essa si spogli da ogni sensibile naturale, spirituale e soprannaturale intellezione ed affezione. Lo spirituale deve astrarsi dai sensi e dalle operazioni intellettuali, elevarsi al di sopra di tutti gli oggetti sensibili, sopra tutti i principi intelligibili della scienza, al di sopra di ogni naturale discorso, al di sopra delle stesse essenze immutabili e sopra le cose caduche e temporanee e salire sulle ali della fede per unirsi a Dio, il quale è superiore a tutte le cose … dunque se l’anima vuole unirsi a Dio in questa vita per grazia ed amore deve necessariamente privarsi di tutto ciò che per gli occhi può entrare, che può percepire coll’orecchio, fabbricarsi con l’immaginazione, comprendere col cuore. ( Ep.IV,937)

Riflessione:

Prestare attenzione a questo insegnamento di San Pio, approfondire il significato di queste parole, potrebbe lasciarci un po’ scoraggiati. Ci sembrerà impossibile privarci di tutto ciò che per gli occhi può entrare, che l’orecchio può percepire, che l’immaginazione può fabbricarsi, addirittura privarsi di ciò che si comprende con il cuore. Significa mettere da parte ogni sensibilità umana e spalancare gli occhi dell’anima. Ognuno di noi potrebbe chiedersi: ” Ma come si fa? ”. Guarda l’Eucaristia; come ha fatto Dio a pensare di essere presente realmente in un pezzo di pane? Si è privato di tutto e ogni tanto chiede a noi lo stesso. Quando contempli il suo amore non c’è niente da vedere, niente da toccare, addirittura niente da immaginare, niente da sentire, non nel senso di udire. Troppe volte noi nella fede vogliamo sentire qualcosa. Padre Pio, eccellente maestro di preghiera, ti sta dicendo che non c’è niente da sentire. La vera fede è contemplare l’amore di Dio con l’anima. Con gli occhi aperti guarda solo Gesù Eucaristia e se li hai chiusi non c’è nulla che devi vedere, immaginare, sentire, pensare; devi solo dire con l’anima: ” E’ Dio, è il suo amore”  e cercare di ascoltare quello che dice alla tua anima. Non c’è nessun tipo di sensibilità coinvolta. E’ un’esperienza divina; occorre un po’ di allenamento. Questo è salire sulle ali della fede per unirsi a Dio. Ad ogni cosa che ti viene in mente puoi rispondere: ”Ma Dio è altro, Dio è di più, Dio è al di sopra ”. Così piano piano si acquisiscono le ali della fede, che ti fanno volare in Dio. Quest’esperienza di contemplazione, quest’esperienza di comunione autentica e profonda con Dio, al di là di ogni comprensione umana, è un’esperienza che quando i santi ce la raccontano, ci risulta di difficile comprensione. Per questo san Pio ci invita a pregare incessantemente proprio come diceva Gesù, perché se non si prende confidenza con Dio non si conosce Dio. La preghiera è un’arte e in un certo senso va imparata nella costanza del viverla. Qualsiasi cosa è preghiera se si pensa a Dio, ma se ti avventuri nella preghiera tutti sappiamo che ci sono come dei gradi. Qualsiasi preghiera va bene se il nostro cuore ha desiderio di unirsi a Dio, ma certi cuori sono più uniti a Dio.

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San Pio scriveva:

Compreso tutto della degnazione di Gesù verso di me, gli ho rivolto la solita preghiera con più confidenza: “ Oh Gesù, potessi amarti, potessi patire quanto vorrei e farti contento e riparare in un certo modo alle ingratitudini degli uomini verso di te!”. Ma Gesù mi ha fatto sentire assai la voce al mio cuore: “ Figlio mio, l’amore si conosce nel dolore, lo sentirai acuto nello spirito, e più acuto ancora lo sentirai nel corpo … Son pronto a tutto pur di fare la sua volontà. ( Ep.I,328)

Riflessione:

San Pio voleva manifestare l’amore con la sofferenza, per riparare alle ingratitudini degli uomini, ma Gesù gli parla di un dolore acuto nello spirito. E’ un dolore di difficile immaginazione, e il dolore profetizzato a Maria dal vecchio Simeone: ” Una spada ti trafiggerà l’anima ”. Tutti pensano all’Addolorata ai piedi della croce di Gesù. Non fermiamoci a questa immagine esteriore, seppure di dolore dalla portata senza pari. Se il dolore è dell’anima è di più del dolore di un figlio morto, un di più che noi non immaginiamo nemmeno, forse impazziremmo. Altro che ribellarci a Dio e certe volte perdere la fede! Di più San Pio non riesce nemmeno a descriverlo il di più, perché non era solo il dolore fisico della partecipazione al dolore fisico. Di fronte a questo di più dovremmo rimanere in contemplazione e, se qualche volta arriva un dolore grande che non ha le connotazioni di qualcosa di fisico, forse potremmo intravedere questo di più. Quando a Dio diciamo: ” Eccomi ” diciamo :”  Sono pronto a tutto ”. Poi, vergognosamente, così pronti non siamo. E’ lì che si capisce quanto c’è bisogno ancora di conversione. Per noi Gesù ha fatto ogni cosa, dal creato fino alla sua stessa morte, dall’averci donato una madre meravigliosa all’averci donato la vita eterna; tutto per noi. Ci ha resi partecipi di ogni cosa, in certi casi anche del suo dolore, perché ci ha resi partecipi della salvezza del mondo. E questa si chiama comunione, unione con Dio. La parola di Dio ci dice che mentre il corpo si va disfacendo, una dimora eterna si va edificando.

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San Pio scriveva:

Era la mattina del 20 settembre … Tutti i sensi interni ed esterni, non che le stesse facoltà dell’anima si trovarono in una quiete indescrivibile …  mi vidi un misterioso personaggio … la sua vista mi atterrisce … mi sentivo morire e sarei morto se il Signore non fosse intervenuto … Chi mi libererà da me stesso?… Sarà necessario che io pronunzi il fiat nel mirare quel misterioso personaggio che mi impiagò tutto e non desiste dalla dura, aspra, acuta e penetrante operazione, e non dà tempo al tempo che venga a rimarginare le piaghe antiche, che già su di queste ne viene ad aprire delle nuove con infinito strazio della povera vittima? Deh padre mio, venite in mio aiuto, per carità! Tutto il mio interno piove sangue e più volte l’occhio è costretto a rassegnarsi a vederlo scorrere anche al di fuori. Deh! Cessi da me questo strazio, questa condanna, questa umiliazione, questa confusione! Non mi regge l’animo a potere e a saper resistere. ( Ep.I,1094/1090/1091)

Riflessione:

Dal modo in cui San Pio riesce a scrivere delle sue esperienze capiamo proprio che c’è la presenza di Dio, che c’è la sapienza di Dio. In lui quiete e confusione, inizialmente una quiete indescrivibile, sembra possa dire: ” Sono nella pace ”, quella pace tanto cercata e poi quel momento coinciderà con la massima confusione, con il più atroce dolore. Si è sentito morire e non alla maniera di come tante volte potremmo dire noi; si è sentito perdere in un dolore che lo stava rendendo partecipe dei dolori di Gesù. E’ un privilegio tutto unico nel suo genere. Chissà quante volte aveva chiesto di soffrire per la salvezza degli uomini e allora Gesù lo ha esaudito. Impariamo che in qualsiasi avversità, in qualsiasi difficoltà, in qualsiasi dolore, siamo più vicini a Gesù in croce per la salvezza del mondo, per la conversione dei peccatori, per la nostra conversione. La vita di Maria, la vita dei santi può essere riassunta in questa espressione: ” Eccoci! Sia fatta la tua volontà ”. Pronunciarla significa partecipare del mistero di Cristo. Stiamo attenti a pronunciarla e se dovessimo arrivare a dirla, ne conosciamo un po’ le conseguenze. Un amore straordinario è riversato nei nostri cuori, partecipi della salvezza, mediante la croce. Quanto più ci si avvicina a Dio, tanto più si entra in un mistero e tanto più ne percepiamo l’ incomprensibilità, ma tanto più, in qualche modo, l’anima percepisce il suo amore.

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San Pio scriveva:

Qualunque notizia anche della più sublime, che in questa vita possiamo avere di Dio, dista sempre infinitamente da quello che Dio è in se stesso; e tutto ciò che un’anima possa avere di Dio in questa vita è sempre come un’ombra riguardo a ciò che Dio è in se stesso. S. Paolo ai Corinti lo dice chiaramente:” Occhio giammai vide, né orecchio udì, né in cuor d’uomo cadde mai quello che Dio tiene preparato a coloro che l’amano” (1Cor 2,9) … Inoltre l’anima non può distintamente in questa vita percepire se non ciò che cade sotto genere e sotto specie; ma Iddio non cade sotto nessuna specie né sotto nessun genere. ( Ep. IV,937)

Riflessione:

San Pio ci insegna che c’è un linguaggio da imparare ed è il linguaggio dell’anima. L’anima percepisce qualcosa di Dio che null’altro può dirci, null’altro può descriverci. E’ un’esperienza di amore profondo, di dolore, di cui i santi sono spesso esperti e San Pio, lo sappiamo, ne è un gran maestro. Ci ha lasciato insegnamenti eccellenti, prendiamoli sul serio e rendiamo grazie a Dio e in preghiera meditiamo, contempliamo, facciamo sì che l’anima possa accorgersi e farci sperimentare le cose del Paradiso, perché solo l’anima può. L’anima ci è stata donata, l’anima è esperta di Dio perché è parte di Dio. Nei santi si manifestava in maniera molto evidente, in noi ancora un po’ troppo nascosta, ma è la realtà della fede che in qualche modo scalpita perché vuole manifestarsi e vuole aiutarci a capire la verità e vivere la più autentica carità.

Tratto dall’ Epistolario I, IV, II edizione anno 1973, 1984 a cura di Melchiorre da Pobladura e Alessandro da Ripabottoni.

Le Riflessioni sono del nostro Parroco don Emilio Lonzi.

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