E’ bello vedere come Gesù è subito sottoposto alla legge, alle regole; Maria e Giuseppe fedeli alle regole. Il dono grande di Gesù è di averci proposto regole nuove, regole che hanno il gusto e il sapore della carità, regole che donano la pace, regole che vengono compiute quando le virtù nostre vengono esercitate, come la pazienza. E allora queste leggi nuove o, meglio ancora, questa legge nuova dell’amore, domina tutto il creato, un creato che spesso, però, fa resistenza e allora umilmente questa legge dell’amore cerca di permeare. Come l’acqua che, trovando microscopiche fessure, immediatamente le attraversa, così è l’amore di Dio: ovunque trova quel minimo spiraglio, entra e compie le sue meraviglie.
San Pio scriveva:
Vivi tranquilla, per carità, e non temere la divina operazione. Vivi tutta in Dio e per l’amore che ti porta, soffri pazientemente te stessa in tutte le tue miserie. Rammentati che l’essere buoni servi di Dio non importa essere consolati, sempre in dolcezza, sempre senz’avversione, né ripugnanza al bene; perché se ciò fosse vero, né santa Caterina da Siena, né santa Teresa, né san Paolo avrebbero servito bene il Signore. L’essere buoni servi di Dio importa invece di essere caritatevoli verso il prossimo, avere nella parte superiore dello spirito una inviolabile risoluzione di eseguire la volontà di Dio, avere una profonda umiltà e semplicità per confidarsi in Dio e rivelarsi tante volte, quante si fanno delle cadute, soffrir se stessi nelle proprie abiezioni e cadute, e sopportare gli altri tranquillamente nelle loro imperfezioni. (Ep.III,924)
Riflessione:
In questi passi San Pio ci invita alla tranquillità, alla serenità, perché la tranquillità è segno di pace interiore. Essa si oppone a quella fretta che spesso ci fa perdere il gusto della vita. Questa tranquillità è un dono che Dio fa al cuore di ognuno di noi: a noi la capacità di accoglierlo.
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San Pio scriveva:
Conviene pure, prima di ogni altra cosa, procurare di vivere tranquilli nello spirito, non perché la tranquillità sia madre del contento cristiano, ma perché è figlia dell’amore di Dio, e della rassegnazione della nostra volontà; le occasioni di praticarla sono quotidiane, poiché non ci mancano mai delle contraddizioni, e quando niuno ce le cagiona ce le formiamo da noi stessi. Mettiti spesso alla presenza di Dio ed offri a lui tutte le tue azioni, nonché tutte le sofferenze. Non sono contrario che nelle sofferenze tu ti astenga dal lagnarti, ma desidererei, che lo facesti col Signore, con uno spirito filiale, come lo farebbe un tenero fanciullo con sua madre, e purchè si faccia amorosamente, non è mal fatto di lagnarsi, di essere sollevati. Fallo pure con amore e con rassegnazione tra le braccia della volontà divina. (Ep.III,920)
Riflessione:
“Mettiti spesso alla presenza di Dio e offri a Lui tutte le tue azioni”. Ci siamo: siamo proprio alla presenza di Dio, gli parliamo, gli offriamo, gli doniamo di noi anche quegli aspetti non conformi alla sua volontà. A questa presenza, confidenzialmente, possiamo comunicare ogni cosa. La volontà di Dio siamo capaci di comprenderla? Siamo capaci di riconoscerla? Siamo capaci di viverla? Gesù stesso mette avanti la volontà del Padre, sempre. In questo tempo di adorazione, lasciamoci conquistare il cuore, il nostro cuore. Cosa risiede nel nostro cuore? Cosa è attaccato al nostro cuore tanto da appesantirlo e da non permettere ad esso di elevarsi in alto e di sperimentare Dio con il suo amore?
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San Pio scriveva:
Rammentati che il tuo stato è simile a quello di un fanciullo, il quale ha un tutore che lo priva dell’amministrazione dei suoi beni, di modo che, sebbene egli ne sia il padrone vero, nulla amministra, e sembragli non possedere altro, che la propria vita, come dice san Paolo: “ Essendo padrone del tutto, egli non è in ciò dissimile dal servo”. Quindi il tuo stato attuale non è altro che una vera insensibilità, la quale ti priva del godimento di ciò che fai nel servizio di Dio… vivi dunque, figliuol mio, secondo lo spirito; fa’ quanto la fede, la speranza e la carità, la ragione e l’ubbidienza ti suggeriscono e non temere di nulla. Soffino pure le tempeste; ma rammentati che quanto più rigido sarà l’inverno, tanto più bella è la primavera. (Ep.IV,445)
Riflessione:
La nostra vita è un mistero; è con essa che entriamo nel mistero di Dio. Di mistero in mistero. La fede, la speranza, la carità e, San Pio aggiunge, anche la ragione e l’ubbidienza, ti suggeriscono di non temere mai nulla, di godere di Dio, di vivere secondo lo spirito; questo alimenta la fede e al termine del cammino si vedrà Dio faccia a faccia, così come Egli è. E’ vero, ci sono tanti momenti difficili; è vero che a questo mistero che è la vita appartiene anche il mistero del dolore, come daltronde il mistero dell’amore. Quanti misteri! E quante volte il nostro atteggiamento ci ha permesso di entrare in questi misteri. Quante volte, invece, non ci siamo riusciti! Quanto silenzio occorrerebbe per sensibilizzarci all’ascolto di Dio! Ogni minimo rumore, ogni gesto, ogni fruscio addirittura, spesso ci distraggono. Anche in questo occorre allenarsi un po’.
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La tranquillità, la serenità, la calma, sembrano diventare impossibili, per qualcuno addirittura sconosciute, eppure sono un dono di Dio e ci rendono simili a Lui. Il nostro Dio è un Dio calmo, tranquillo, sereno, è un Dio che ha il tempo che vuole e se fossimo capaci di entrare davvero nella volontà di Dio, ci accorgeremmo anche noi di avere il tempo che serve, il tempo che occorre: non ce ne serve di più, non andrebbe bene di meno.
San Pio scriveva:
Vivi calma; io non cesserò mai di pregare il nostro buon Dio, acciocchè a lui piaccia compiere in te la sua santa opera, cioè il buon desiderio e disegno di arrivare alla perfezione della vita cristiana; desiderio il quale tu devi amare e nutrire teneramente nel tuo cuore, come un’opera dello Spirito Santo ed una scintilla del suo fuoco divino. (Ep.IV,664)
Riflessione:
Non dovremmo mai perdere di vista la meta, in questo mondo: arrivare alla perfezione della vita cristiana. “Per questo devi amare e nutrire teneramente il tuo cuore”, un cuore che è opera dello Spirito Santo, che è scintilla del suo fuoco divino; termini che sembrano fin troppo poetici, ma che sono reali, concreti. Questa calma, questa pace, questa serenità sono solo in Dio, perché solo in Dio riposa l’anima nostra, e quindi solo Lui può, nella misura in cui glie lo permettiamo. Sembra quasi che glie lo dobbiamo concedere, pensate! Dobbiamo concedere a Dio di perfezionarci, dobbiamo concedere a Dio di operare nel nostro cuore, perchè se il nostro cuore è chiuso, Dio non spacca, Dio bussa. Impariamo da chi ci ha preceduti nel cammino della santità, impariamo da chi ha scritto di santità, impariamo da chi ha vissuto e testimoniato questa pace, questa tranquillità che sembra impossibile possa appartenere anche a noi, eppure questa sera ci è stato ridetto. Questo Dio ci propone e questo dobbiamo saper accogliere, per nutrire il nostro cuore, per rendere esso un’opera sua, una sua meraviglia, qualcosa di divino, messo nel mondo, che narri di Lui.
Tratto dall’ Epistolario III, IV, II edizione anno 1977, 1984 a cura di Melchiorre da Pobladura e Alessandro da Ripabottoni.
Le riflessioni sono del nostro Parroco don Emilio Lonzi.
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