– L’anima vuole essere posseduta da Dio -
In questi giorni abbiamo riflettuto maggiormente sul concetto della morte secondo San Pio, quindi secondo la fede, secondo il messaggio della salvezza. Più volte abbiamo incontrato San Pio desideroso di morire, ma non come fuga dalle realtà terrene, ma come compimento dell’unione perfetta con Dio; era un suo continuo anelare ad essa. Chissà quante volte ha desiderato il paradiso! Chissà quante volte lo ha contemplato! E quindi in lui la nostalgia di questa realtà divina che in qualche modo gli si era maggiormente manifestata, era di certo fortissima; lo comprendiamo soprattutto da alcuni scritti.
Scriveva San Pio:
L’Anima è smaniosissima di vedersi del tutto posseduta finalmente da questo gran Dio … ella vuole arrivare a vedere nella sua pienezza e nella sua perfezione questa figura, di cui ha visto come le prime linee, lo sbozzamento. Ella insomma vuole vedere il Verbo, il Figliuolo di Dio, che è lo splendore della gloria di Dio e la figura perfetta della sostanza di lui. (Ep.I,p.472)
Riflessione:
E’ difficile comprendere questa smania di sentirsi completamente posseduto da Dio. E pensare che la parola ‘ posseduto’ viene usata nella sua peggiore manifestazione, quando c’è il nemico, l’avversario che tenta di possedere! E’ Gesù riceve il permesso di possedere tutto. Ognuno di noi invoca questo possesso per appartenere pienamente a Dio e quando ciò non avviene è perché in realtà non siamo ancora coscienti di come dovremmo essere, di come dovremmo lasciarci prendere da Dio, un Dio che vive in noi. In noi non vive il male, in noi vive il bene, vive l’amore perfetto, in noi vive Dio e noi dovremmo essere una manifestazione di questa vita di Dio in noi; come se noi possedessimo Dio e in realtà è Lui che possiede noi; come se noi volessimo manifestarlo e in realtà è Lui che si manifesta per mezzo nostro, quando glie lo permettiamo. Ma San Pio voleva arrivare fortemente a vedere la pienezza, la perfezione, qualcosa di cui aveva conosciuto le prime linee, un abbozzo. Immaginiamo i primi tratti di un’opera d’arte e poi l’opera completa: nelle prime quattro o cinque linee non si capisce quasi niente e per San Pio era già qualcosa che gli faceva desiderare fortemente il tutto. L’anima di San Pio aveva questa esigenza grande di vedere Gesù, di unirsi a Gesù, di unirsi a Dio, completamente. Non è il vedere degli occhi, non è un incontro come tra amici: è qualcosa di infinitamente differente. Questo incontro con Dio, questo splendore della sua gloria, questo unirsi alla sostanza stessa di Dio … Accorgiamoci dei termini che San Pio usa, rendiamoci conto che c’è un’anima che parla, non una mente non un cuore, ma un’anima.
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Sono esigenze dell’anima di San Pio di cui ha voluto renderci partecipi: realtà di pensiero, esperienze dell’anima che di certo ci risultano molto distanti dal nostro modo di pensare, dal nostro modo di essere e magari ogni tanto ci ritroviamo in qualche tratto e in quel momento, di certo, anche l’anima nostra esulta, anche l’anima nostra gioisce, anche l’anima nostra, con le parole di Maria, magnifica il Signore.
Scriveva San Pio:
L’anima mia piena di riconoscenza verso Dio per le tante vittorie, che va enumerando in ogni istante della vita, non può non sciogliere inni di benedizione senza fine ad un Dio sì grande e sì liberale … o Dio, sovrano del mio cuore, o centro unico di ogni mia felicità, quanto dovrò io aspettare ancora, prima di godere svelatamente le vostre ineffabili bellezze? (Ep. I, p.653/656)
e ancora scriveva:
La notte ancora al chiudersi degli occhi vedo abbassarsi il velo ed aprirmisi dinanzi il paradiso; ed allietato da questa visione dinanzi il paradiso; ed allietato da questa visione dormo in un sorriso di dolce beatitudine sulle labbra e con una perfetta calma sulla fronte, aspettando che il mio piccolo compagno della mia infanzia venga a svegliarmi e così sciogliere insieme le lodi mattutine al diletto dei nostri cuori. (Ep.I,p.308)
Riflessione:
Questa riconoscenza dell’anima era di certo il suo esultare, il suo magnificare il Signore. E’ questo costante desiderio del cielo, come realtà di ineffabili bellezze. E chissà quante volte avrà sognato il paradiso! Di certo, immaginandolo, ma probabilmente il Signore gli avrà fatto la grazia di farglielo pregustare come esperienza dell’anima; di certo non una visione come un film, ma qualcosa di molto più vero, un’esperienza dell’anima che lo aiutava di certo a portare quei dolori per la salvezza delle anime, quei dolori grandi, strazianti, lancinanti che a volte umanamente facevano rasentare la disperazione.
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Vogliamo, come San Pio ci indica, riconfermare la nostra fede nel Santissimo nome di Gesù. Gesù (il termine significa ‘Dio salva, Dio ti dona l’eternità, Dio ti rende partecipe della sua gloria’).
Scriveva San Pio:
Per la ubbidienza di Gesù volle il celeste Genitore che questo santissimo nome fosse confessato e creduto da tutte le creature: “ Ogni lingua – dice l’apostolo – confessi che Gesù Cristo è nella gloria di Dio Padre “… anche noi, se saremo imitatori di Gesù Cristo, sostenendo tutte le battaglie della vita, parteciperemo ai suoi trionfi. Sì, concludo con san Giovanni Crisostomo, crediamo pure fermamente, essere di tanta gloria il divin redentore adorno, ma viviamo ancora alla sua gloria, imitando i suoi esempi,seguendo i suoi voleri: altrimenti a nulla ci gioverebbe il nostro credere, se non vi corrispondesse il nostro operare. (Ep. II, p.224)
Riflessione:
Credere ed operare, essere nella gloria di Dio e manifestare con la vita la gloria di Dio, in qualsiasi situazione, proprio come S. Pio è risuscitato a testimonianza e, speriamo, sia riuscito anche ad insegnarci.
Tratto dall’Epistolario I, II, II edizione anno 1973, 1975 a cura di Melchiorre da Pobladura e Alessandro da Ripabottoni.
Le riflessioni sono del nostro Parroco don Emilio Lonzi.
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