- Mercoledì delle ceneri – Giovedì e Venerdì dopo le ceneri -

Gesù è il Dio con noi, è il Dio dell’amore, il Dio della misericordia, il Dio del perdono, il Dio della comunione, è il nostro Dio, dal quale proviene ogni bene; non c’è mai da aver paura di Lui. E’ il Dio crocifisso che ha spalancato le braccia per un abbraccio eterno, Colui che si è arreso alla nostra libertà e il nostro andargli incontro non è altro che un mostrarci a Lui come siamo davvero. Se andiamo incontro a Lui per abbracciarlo, per baciarlo o per fargli del male, Lui amorevolmente rimane con le braccia aperte, pronto ad accettare tutto.


San Pio scriveva:

Non temere Dio, perché non vuol farti alcun male. Rappresenta alla tua immaginazione Gesù crocifisso, tra le tue braccia e sul tuo petto, e di’ cento volte, baciando il suo costato:“Quest’è la mia speranza, la sorgente della mia felicità; quest’è il cuore dell’anima mia; mai nulla mi separerà dal suo amore; io lo posseggo e non lo lascerò, finché non mi mette nel luogo di sicurezza”. Digli spesso:“Che cosa posso io avere sulla terra o che posso pretendere nel cielo, se non voi, o mio Gesù? Voi siete il Dio del mio cuore e l’eredità che io desidero eternamente”. (Ep.III,502)

Riflessione:

Queste braccia aperte di Gesù crocifisso, le nostre braccia aperte verso di Lui , quell’abbraccio, quel bacio al suo costato che ci descrive San Pio, lì dove c’è l’origine della nostra salvezza. Dal cuore di Gesù, fiumi di acqua pura per la rigenerazione di questa umanità, per la rigenerazione della mia vita e quell’idea di eternità, attesa, desiderata, promessa.

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Questo tempo di Quaresima, che inizia in questo mercoledì delle Ceneri, è un invito particolare alla preghiera, a questo stare con Dio; è un invito a rallentare i ritmi della nostra vita per viverla con maggior consapevolezza, non un frenetico susseguirsi di eventi. Pregare, stare con Dio, restituire a Lui un po’ del tempo che ci ha voluto donare; il nostro tempo è un suo dono gratuito. A volte donargliene un po’ ci sembra pesante, difficile, impossibile. Vinciamo queste difficoltà, vinciamo ogni tentazione che ci fa credere che ci sia qualcosa di più importante dello stare con Lui.

San Pio scriveva:

La maniera ordinaria della mia orazione è questa. Non appena mi pongo a pregare, subito sento che l’anima incomincia a raccogliersi in una pace e tranquillità da non potersi esprimere colle parole. I sensi restano sospesi, ad eccezione dell’udito, il quale alcune volte non viene sospeso; però ordinariamente questo senso non mi dà fastidio, e debbo confessare che anche se a me intorno si facesse del grandissimo rumore, non per questo riesce a molestarmi menomamente. Da qui capirete che poche sono le volte che riesco a discorrere coll’intelletto. (Ep.I,420)

Riflessione:

La preghiera, allora, secondo San Pio, non è un ragionamento, è uno stare, è un gustare, è un raccogliersi nella pace e nella tranquillità, è un’esperienza inesprimibile, al punto da non provare fastidio di ciò che a noi comunemente distrae. Cerchiamo, in questo tempo, questa modalità di preghiera, cerchiamo il raccoglimento, cerchiamo il silenzio interiore, cerchiamo il rallentamento dei nostri ritmi frenetici, scegliamo di stare con Lui.

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Giovedì 23/02/’12


Questo tempo di preghiera, quest’esperienza di comunione è la realtà di un patto nuziale che viene sperimentato, per quanto possibile sulla terra, e poi vissuto in pienezza nel cielo. I mistici lo hanno definito ‘amore unitivo’, come un matrimonio mistico e anche San Pio, tra i mistici, aveva questi pensieri, coglieva queste realtà profondissime.

San Pio scriveva:

Iddio vuole sposarsi coll’anima in fede e l’anima che deve celebrare questo celeste connubio in fede pura deve camminare, la quale soltanto è mezzo adatto ed unico per quest’unione d’amore. L’anima, dico, per assorgere alla divina contemplazione, deve essere purificata di tutte le imperfezioni non solo attuali, che si ottiene con purga sensitiva, ma sibbene da tutte le imperfezioni abituali, che sono certe affezioni, certe abitudini imperfette che la purga del senso non è riuscita di estirpare e che rimangono nell’anima come allo stato di radice; e che si ottiene con la purga dello spirito, colla quale Iddio con una luce altissima penetri tutta l’anima, intimamente la trafigga e tutta la rinnovi. (Ep.I,441)

Riflessione:

Queste poche righe sono davvero la sintesi di un trattato altissimo di teologia spirituale e San Pio non le scrive, si capisce bene, perché ha studiato, ma perché  le viveva;   ne esce fuori un’esperienza di vita con quella difficoltà che sempre si trova, dovendo dare parole a un’esperienza divina. Immaginiamo questa luce altissima che penetra tutta l’anima, fino ad estirpare le radici di certe imperfezioni; certi vizi rimangono radicati. Ci sono delle esperienze di purificazione che rimangono nella mente, cioè le abbiamo capite, facciamo i propositi, ma non lasciamo agire Iddio affinché penetri l’anima con un raggio di luce capace di estirpare qualcosa rimasto in radice. Penso che a volte è proprio Gesù Eucaristia questa altissima luce, Lui che si fa cibo e bevanda di salvezza è il penetrare nella profondità della nostra esistenza, ma è ancor di più: è penetrare l’anima. Non so quante volte ci lasciamo penetrare l’anima, quante volte facciamo sì che la grazia di Dio la rinnovi nel profondo. Questa è un’esperienza di contemplazione, è il momento in cui non ci sono più le parole, ma è un’esperienza esclusivamente da vivere, ecco perché il fermarsi e avere del tempo, magari anche un tempo di adorazione eucaristica che però si fa contemplazione del mistero e azione della grazia salvifica presso di noi.

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Certo la nostra realtà quotidiana è ben diversa da queste vette di contemplazione. E’ così che San Pio ci consiglia  l’umiltà, la tranquillità, la dolcezza, la fiducia tra le oscurità. C’è una realtà di croce con la quale confrontarci ogni giorno, non tanto come pesi da portare, ma situazioni da condividere, che a volte sembra attacchino la nostra fiducia in Dio, confrontarci ogni giorno con ciò che vuole impaurirci, scoraggiarci, mettere dubbi. Ci sono spesso momenti bui e situazioni incomprensibili alla capacità umana. E’ allora che occorre manifestare la fede nel Dio dell’amore, quella fede così detta cieca, quella fede che non vede e che non sente alla maniera umana, quella fede che è vita interiore, che solo esperienze di comunione con Dio lasciano comprendere qualcosa. Il mondo pretende di vedere e di sentire. E’ Gesù stesso che risponde:”Non dò segni”. Il segno è la sua Risurrezione, il segno è credere in questa lieta notizia, l’unico segno diventiamo noi che crediamo, siamo noi il segno che Gesù ha lasciato nel mondo, grava su di noi questa grandissima responsabilità. San Pio scriveva:”Vogliamo camminare bene?…”

San Pio scriveva:

Vogliamo camminare bene? Ebbene applichiamoci a battere la strada che è più vicina a noi. Imprimiti bene nella mente ciò che sto per dire: noi desideriamo alcune volte di essere buoni angeli, e trascuriamo di essere buoni uomini. La nostra imperfezione ci deve accompagnare fino sul feretro, noi non possiamo giungervi senza terra; non conviene addormentarvici né voltarvici, giacché siamo dei piccoli pulcini, senza le ali però. Noi moriamo poco a poco alla vita fisica, ed è questa una legge ordinaria tenuta dalla provvidenza; ed alla stessa maniera bisogna far morire anche le nostre imperfezioni di giorno in giorno; o felici imperfezioni, potremmo esclamare, che ci fanno conoscere la nostra grande miseria, ci esercitano nella umiltà, al disprezzo di noi stessi, alla pazienza e diligenza; nonostante le quali Dio osserva la preparazione del nostro cuore, la quale è perfetta. (Ep.III,683)

Riflessione:

E’ importante pensare che Dio veda in noi perfezione, in quell’impegno costante di riconoscere la personale miseria; esercitando l’umiltà Dio riconosce la nostra perfezione. E’ sempre brutto sentirlo dire, ma noi moriamo poco a poco alla vita fisica e San Pio la definisce una legge ordinaria tenuta dalla Provvidenza: il morire è una provvidenza. Agli occhi degli uomini è una disgrazia, agli occhi dei santi è una provvidenza, ma così come muore il corpo, così devono morire le nostre imperfezioni, perché la nostra anima si avvicina sempre più alla gloria di Dio e la gloria di Dio ci vuole trovare perfetti come Dio ci vede e solo gli occhi di quell’amore infinito possono vedere in noi perfezione e possono trovare le tracce, i segni di quell’essere immagine e somiglianza sua. Come dice San Pio, impegnamoci ad essere buoni uomini, tralasciando il desiderio di essere buoni angeli, perché l’angelicità non ci appartiene, ma la piena umanità, quella divinizzata da Gesù, che si è incarnato, quella sì. Chiediamo al Signore la consapevolezza di queste realtà così importanti, dono di preghiera costante e di tempo, tanto tempo a Lui donato.

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Gli scritti che ci hanno guidato questa sera possono averci dato questa idea di contemplazione e di unione con Dio. Possiamo renderci conto che potrebbero non appartenerci o addirittura avere la tentazione di pensare che queste realtà divine non sono per noi, eppure Dio chiama tutti alle nozze eterne, Dio si è fatto uomo per tracciare la strada dell’unità con Lui e dell’unità tra di noi e allora San Pio vuole descrivere ancor meglio come tentare di rendere alla portata di tutti questa esperienza divina così elevata.

San Pio scriveva:

L’anima non potrà unirsi a Dio senza che essa si spogli da ogni sensibile naturale, spirituale e soprannaturale intellezione ed affezione. Lo spirituale deve astrarsi dai sensi e dalle operazioni intellettuali, elevarsi al di sopra di tutti gli oggetti sensibili, sopra tutti i principi intelligibili della scienza, al di sopra di ogni naturale discorso, al di sopra delle stesse essenze immutabili e sopra le caduche e temporanee e salire sulle ali della fede per unirsi a Dio, il quale è superiore a tutte le cose. Qualunque notizia anche della più sublime, che in questa vita possiamo avere di Dio dista sempre infinitamente da quello che Dio è in se stesso; e tutto ciò che un’anima possa avere di Dio in questa vita è sempre come un’ombra riguardo a ciò che Dio è in stesso. S. Paolo ai Corinti lo dice chiaramente: “Occhio giammai vide, né orecchio udì, né cuor d’uomo cadde mai quello che Dio tiene preparato a coloro che l’amano”. Dunque se l’anima vuole unirsi a Dio in questa vita per grazia ed amore deve necessariamente privarsi di tutti ciò che per gli occhi può entrare, che può percepire coll’orecchio, fabbricarsi con l’immaginazione, comprendere col cuore. Inoltre l’anima non può distintamente in questa vita percepire se non ciò che cade sotto genere e sottospecie; ma Iddio non cade sotto nessuna specie né sotto nessun genere. (Ep.III,937)

Riflessione:

A questa descrizione non penso che si possano aggiungere parole; mi viene solo in mente che bisogna mettersi in Dio e perdersi in Lui.

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Venerdì 24/02/’12

San Pio scriveva:

Sappi poi, o figliuola, che la carità ha tre parti: l’amor di Dio, l’affetto a sé stesso e la dilezione del prossimo; e le mie povere istruzioni ti mettono per la strada di praticar tutto questo. Gitta spesso fra il giorno tutto il tuo cuore, il tuo spirito ed il tuo pensiero in Dio con una grande confidenza e digli con il profeta reale: “Signore, io sono tua, salvami”. Non ti trattenere molto a considerare qual sorta di orazione Iddio ti dia, ma segui semplicemente ed umilmente la sua grazia nell’affetto che devi avere per te stessa. (Ep.III,736)

Riflessione:

Seguire la grazia, sperimentare questa presenza di Dio in noi, questa presenza del suo amore, la grazia di Dio, l’amore di Dio. Poche parole per questo grande mistero, il mistero di un amore per il Signore, per noi stessi, per il prossimo. Semplicità, umiltà.

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Il cammino di santità, il cammino di perfezione cristiana continua. Il cammino spirituale che ci viene proposto, il cammino di perfezione spirituale, il cammino di santità è come un ritornello nella nostra vita, che va canticchiato tutti i giorni.

San Pio scriveva:

Tieni bene aperti gli occhi, senza soverchiamente stancarti, sopra le cattive inclinazioni per sradicarle. Non ti spaventare mai di vederti miserabile e ripiena di cattivi umori, pensa al tuo cuore con un gran desiderio di perfezionarlo. Abbi una cura indefessa di dolcemente e caritativamente raddrizzarlo quando egli inciamperà. Sopra tutto affaticati quando puoi per fortificare la parte superiore dell’anima, non trattenendoti nei sentimenti e consolazioni, ma nelle risoluzioni,propositi ed aspirazioni, che la fede, la guida e la ragione ti spireranno…(Ep.III,736)

Riflessione:

Sembra quasi ci sia sempre un contrasto, una rivalità tra i sentimenti umani e le realtà dell’anima. Il nostro cuore deve essere guidato, raddrizzato con dolcezza e carità. Bisogna essere attenti a certe ispirazioni divine, così difficili da saperle considerare vere, ma tutto ciò per fortificare la parte superiore dell’anima. Il Signore continua ad ispirare come se il soffio di Dio riuscisse a spazzare tutto ciò che impedisce a Dio di far risplendere le nostre anime.

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La più profonda unità con Dio, quell’esperienza autentica di comunione dell’anima nostra con Lui, quella condizione divina che ci sembra impossibile da raggiungere, ma che qualche volta, in realtà, si verifica, riempie la nostra vita, riempie la nostra esistenza, ci illumina davvero e si vive dell’amore di Dio e si diventa  espressione d’amore che si coniuga umanamente in quell’amore al prossimo, come Gesù ci ha insegnato , per essere proprio come Lui, uno con il Padre, uno con l’uomo.

San Pio scriveva:

Sii buona col prossimo, e non usare gl’impeti di collera; proferisci nelle occorrenze molto spesso queste parole del Maestro.” Io li amo questi prossimi, Padre eterno, poiché tu li ami” (Gv.14,21;16,27) e tu me li hai dati per fratelli, e vuoi che come tu li ami, così io li ami … E non t’impressionare degli scatti d’impazienza che sei solita commettere perché in questi non ci sarà colpa se non quando procedono da volontà riflessa, cioè avvertentemente senza violentarsi per calmarsi. (Ep.III,736)

Riflessione:

‘Io li amo perché tu li ami…’, questa è la parola di Dio vissuta. Questa esperienza d’amore, intima, profonda, che poi si riflette verso il mondo e ha quelle reazioni istintive che ci turbano, quelle reazioni istintive che pensiamo siano un grave venir meno all’esperienza dell’amore, San Pio ci dice che se facilmente vanno via, non ci viene imputato il peccato, non c’è una volontà ferma di fare male.

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Concludiamo questo tempo di adorazione ancora una volta con un insegnamento importante di San Pio sulla carità:

La prima virtù di cui ha bisogno l’anima che tende alla perfezione è la carità. In tutte la cose naturali il primo moto di esse, la prima inclinazione, il primo impeto è quello di tendere, è quello di andare al centro: è dessa una legge fisica; lo stesso parimenti avviene nelle cose soprannaturali: il primo moto del nostro cuore è quello di andare a Dio, che altro non è se non amare il suo proprio e vero bene. A buona ragione la carità vien detta dalla scrittura vincolo di perfezione. (Col.3,14) La carità ha per sorelle germane il gaudio e la pace. Il gaudio nasce dal godimento di possedere ciò che si ama. Ora dal momento che l’anima conosce Dio, è spinta naturalmente ad amarlo; se l’anima segue questo suo impulso naturale, che viene eccitato dallo Spirito Santo, ella già ama il supremo Bene. Eccovi che quest’anima fortunata è già in possesso della bella virtù della carità … non è questo un parto della mia mente, è la scrittura che ce lo dice: “ Chi sta nella carità, egli vive in Dio e Dio vive in lui”(Gv.4,16). Che cosa vuol dirci questo passo scritturale “ Chi sta nella carità, egli vive in Dio e Dio vive in lui?” Non denota forse che come l’anima votata a Dio, mediante la carità, ella è tutta di Dio, così Dio per comunicazione è tutto dell’anima ? (Ep.II,201)

Riflessione:

Capiamo allora che la carità ha qui il primato e la totalità: è la prima virtù ed è tutta dell’anima. Questa è l’esperienza di Dio. Nelle cose soprannaturali l’amarsi è il proprio e vero bene, è vincolo di perfezione, è esperienza di Dio, è realtà divina. Dio è Amore e chi ama vive in Dio e Dio vive in Lui. E’ la prima delle virtù e la totalità della nostra anima.


Tratto dall’Epistolario I, II, III, II edizione anno 1973, 1975, 1977 a cura di Melchiorre da Pobladura e Alessandro da Ripabottoni.

Le riflessioni sono del nostro Parroco don Emilio Lonzi.




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