Adesso puoi andare

L’episodio accadde in uno dei primi incontri nel confessionale con Padre Pio. Sto attento a non dimenticare nessun peccato in confessione e a concepire nel mio cuore il più sincero pentimento. Il Padre all’epoca confessava gli uomini nella sacrestia vecchia. Era lì per alcune ore del mattino, però il turno più impegnativo e affollato era quello del pomeriggio. La fila degli uomini cominciava dal fondo della chiesa piccola. Tutti in piedi e in assoluto silenzio. Eventualmente ci fossero dei sacerdoti, potevani mettersi, senza prenotazione, dopo ogni cinque fedeli. A ognuno di noi, lì in attesa, accadeva di rovistare la memoria e la coscienza. Lo volevamo noi penitenti e lo voleva Padre Pio confessore per conseguire una piena purificazione dell’anima e godere la pace e la consolazione del perdono di Dio. Padre Pio col dono della scrutazione dei cuori era di grande aiuto al penitente. Sappiamo bene che la confessione o è conversione o è confusione. Ma con quel giudice, non poteva restare la confusione. Egli leggeva nella coscienza, e se non eri preparato e pentito, ti rispediva. In caso poi di omissione o di ostinazione ci scappava una severa rampogna. Padre Pio era pronto a prendere su di sé i castighi di Dio meritati dai peccatori, ma voleva la loro conversione. Quanti ne ho visti cambiare radicalmente vita dopo la confessione col Padre! Venivano e tornavano da ogni parte del mondo. Quel confessionale era il tribunale della verità e della misericordia, e spesso anche dei prodigi. Chi ha fatto come me quell’esperienza ha da raccontare. Ricordo il caso d’una ragazza americana che parlava solo l’inglese. Era la nipote di Maria Pyle. Uscita dal confessionale, raccontò alla zia preoccupata, che Padre Pio aveva parlato, capito e risposto nel più perfetto inglese. Scrutazione di cuori, profezie, conversioni e guarigioni erano all’ordine del giorno. Quelli che uscivano piangendo, di solito erano quelli più contenti. Ognuno affidava al Padre bisogni propri e altrui, d’ogmi genere, soprattutto di ordine spirituale. Si stampavano nel cuore le sue parole di fede, le sue paterne ammonizioni, le sue calde esortazioni, i suoi preziosi consigli. Io ricordo tutto quello che per anni ha riversato nella mia anima in confessione. Questo senso di gratitudine mi spinse a dirgli al termine della confessione: “Padre, sono felice d’essermi confessato con lei”. Non l’avessi mai detto! Co le braccia tese verso di me in atto di rimprovero e di implorazione, mi dice ad alta voce: – Ti sei confessato e t’ho dato l’assoluzione. Adesso che vai cercando? Mi devi far perdere tempo? Vattene! – Fu come l’abbattersi di un fulmine sulla mia testa. Addolorato e confuso gli baciai la mano e mi alzai dicendo: – Sì, sì, me ne vado! – Mi affliggeva avergli procurato inconsapevolmente un dispiacere. In realtà andavo via, ma non avevo capito il motivo del rimprovero. Ero proprio avvilito. Non mi ha dato tempo di fare un passo. In tono severo ha aggiunto: – Ma dove vai? Tira quella tendina -. Il sole della finestra lo investiva. Mi avvicinai alla finestra e pian piano allargai la tendina. Mi dice: – Rimettila come stava -. Lo faccio. A quel punto la confusione dentro di me era totale. Ed ecco la sua voce: – T’ho detto, tira quella tendina! – Obbedisco. Nel frattempo, insieme alla vergogna, che provavo a causa dei presenti, una fulminea ispirazione mi dice: tu hai sbagliato, perché con le tue parole hai fatto l’elogio alla sua persona e Padre Pio giustamente, nella sua umiltà, ti ha lavato la testa. In quell’istante mi arriva rabbonita e tenera la voce del Padre_ – Adesso, puoi andare -.

Di dove sei

Erano passati anni dal mio primo arrivo a San Giovanni Rotondo. Ormai ero e mi sentivo di casa in quel convento. Spesso mi ritrovavo insieme ai confratelli a conversare attorno al Padre. Così era possibile stringere fra di noi una fraterna amicizia. Padre Pio gradiva la nostra compagnia ed era premuroso con tutti. C’era tanta gioia. Una mattina, appena risaliti dalla Messa, mi domanda: – Tu di dove sei? – Sapevo che Padre Pio non lasciava andare a domande di pura curiosità. Alla sorpresa si aggiunse l’imbarazzo. Pensai d’istinto che il nome del mio paese, sconosciuto nell’ambiente, non avrebbe detto niente a Padre Pio. Sarebbe stata una risposta inutile. Per voloce deduzione, risposi: – Vengo da Pescara-. Era una risposta inesatta e altrettanto inutile, perché il Padre questo lo sapeva già. Basta. La cosa finì lì. Passò qualche settimana. In circostanza diversa, il Padre mi ripeté la domanda. Io non cambiai la risposta. Dopo qualche tempo una terza volta. Mi sembrava un copione. Senonché l’ultima volta accadde qualcosa di assolutamente imprevisto. Il Padre si rivolge a me e pronuncia delle frasi nel dialetto puù stretto del mio paese. Rimasi stupefatto. Nella mente si affollavano gli interrogativi. Ciò rimandò la mia memoria ad altri episodi del genere. Per esempio una volta che volli esprimere la gioia di essere vicino a lui, aggiunse subito: – Io ti ho visto da prima che tu nascessi -. Ora rimaneva da sciogliere quel “di dove sei”. Molti anni dopo con una solenne cerimonia a Pietrelcina, il Sindaco della città, presente il Prefetto di Benevento, altre autorità e illustri personalità del territorio, al suono della banda e su uno splendido palco mi proclamò “Cittadino Onorario di Pietrelcina”. Ricordai la domanda di Padre Pio. In cuor mio dicevo: adesso capisco bene. Il mio paese ora è anche Pitrelcina, che mi ha adottato. Oggi risponderei: Padre, sono tuo concittadino!


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