Apri quella porta
E’ il mese di gennaio, sono le quattro del mattino. Sono accanto a Padre Pio in sacrestia. Fuori c’è buio e pioggia battente. Le cime dei pini lungo il viale dell’orto si piegano sotto le sferzate del vento. A tratti il sibilo somiglia a lontani ululati. Il freddo è intenso. La folla dalla mezzanotte prega senza interruzione sul sagrato. Alla preghiera in varie lingue alternano canti popolari. Con l’immancabile rosario scandiscono all’infinito il Padre Nostro, le Ave Maria, il Gloria al Padre, seguite da giaculatorie al Cuore di Gesù e alla Madre di Dio. Quando arrivo di notte, anch’io trascorro le ore pregando con loro, nell’attesa che si apra la porta della chiesa. Negli ultimi anni la chiesa si apriva alle cinque, quando il Padre iniziava la celebrazione della Messa. La folla si riversava in tutta fretta dentro la chiesa. Si stringeva intorno all’altare, felice di partecipare all’Eucarestia. Padre Pio, raccolto e sempre sofferente, era il focolare che emanava luce di fede, garanzia di speranza e calore dell’amore di Dio. La folla era unita a lui spiritualmente, in un cuor solo e un’anima sola. Gli occhi di tutti erano sul celebrante e il cuore di tutti era su quell’altare per farsi dono e offerta con Padre Pio e con Gesù. Quella mattina alle quattro il superiore scende in sacrestia per dire sottovoce qualcosa a Padre Pio, che pregava seduto presso il banco della sacrestia. Il Padre si comprimeva di continuo il fazzoletto contro gli occhi per asciugare il flusso delle lacrime. Ascolta il superiore e poi con umiltà gli dice: – Apri quella porta, non vedi che brutto tempo? Lì fuori la gente sta male! – Il superiore, allargando le braccia, risponde con evidente disagio: – Padre, non posso -. Certamente Padre Pio non intendeva suggerire una disobbedienza. Proponeva una eccezione per motivo di carità. Mi strinsi ancora di più al Padre. Mi mordeva il desiderio ardente di abbracciarlo e di consolarlo. Avrei voluto proprio fare qualcosa per risparmiargli quelle lacrime. Chiesi a Dio di racchiudermi nel cuore trafitto di Padre Pio, come Padre Pio si racchiudeva nel cuore trafitto di Gesù.
Che mi hai portato da mangiare
I primi incontri con Padre Pio avvenivano sempre col bisogno di chiedere. La fede e la pace per se stessi. Guarigione per parenti e amici. Consigli su cure e ospedali da scegliere. Giovani sbandati; matrimoni in crisi. La Casa Sollievo era la clinica per gli ammalati. La chiesa era la clinica dello spirito. Padre Pio rappresentava il “dare” e tutti noi “l’avere”. Non si poteva fare altrimenti. Il “santo” era lui! Quanto gli potesse costare ognuna di quelle migliaia di suppliche, taluna veramente disperata, non preoccupava gli altri e forse nemmeno ci si pensava. Nei santi la spinta è la carità, nella gente comune è il bisogno. Alla fine anche questo strano rapporto spinge l’umanità fino alla Provvidenza e alla misericordia di Dio. In fondo la stessa Redenzione di Gesù e la mediazione della Chiesa hanno la stessa sorgente. Man mano che andiamo perfezionando la fede, comprendiamo che la carità è dovere di ogni cristiano. Si impara che dietro la dissolvenza dell’amore appare il volto di Gesù. Quando questa verità si fa chiara, sull’asse della bilancia anche noi mettiamo “il dare” prima dell’”avere”. Come si faceva questa conquista? Constatando le condizioni di Padre Pio e osservando la sua immolazione d’amore. Egli viveva l’eroismo quotidiano del servo obbediente e del fratello generoso. Per sé non chiedeva che preghiere e patimenti. La passione di Gesù era il suo vero cibo. In me è cresciuto di giorno in giorno il desiderio, di farmi cireneo del “Cireneo di tutti”, come egli stesso si è definito. Questa è la via per cui ci guida la parola del Vangelo e l’ascesi cristiana. Ogni vero discepolo deve essere pronto a bere il calice del Maestro per seguire le orme del Maestro. Sono stazioni in successione: rinnegamento, accettazione, sequela. Quando hai deposto il bagaglio che ingombra, cominci a correre, come i discepoli dietro Gesù e come i frati dietro il Poverello Serafico. Quel giorno! Partii per San Giovanni Rotondo offrendo la giornata di digiuno per Padre Pio. Portai con me solo una bottiglia d’acqua e un tozzo di pane secco per ogni evenienza. Quando mi misi a letto poggiai l’una e l’altro sul tavolo. Dopo la mezzanotte, io non so come, mi vidi il Padre vicino al letto. Aveva le ginocchia piegate, ma non toccava per terra. Mi chiede: – Che mi hai portato da mangiare? – Provai imbarazzo: proprio oggi che non ho portato nulla con me il Padre ha bisogno! – Padre ho soltanto una bottiglia d’acqua e un pezzetto di pane -. Il Padre non cercava quello che avevo; cercava me. Rimase del tempo in quella posizione, parlando di Gesù e del Paradiso. Alla fine mi accarezzò il viso con le mani. Mi benedisse e andò via senza aprire la porta, come quando era entrato.
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