- L’inquietudine non porta al possesso dell’anima -
Dagli scritti di Padre Pio:
Calmate, vi supplico, diletto padre, le vostre ansie in riguardo al vostro spirito, perché a me sembra esser queste un vero perditempo pel nostro eterno negozio … è un sottilissimo filo, è vero, che tiene legato lo spirito, ma impedisce però grandemente a questo di spiccare il suo volo nelle vie della perfezione ed agire con santa libertà. È una grave ingiuria che fa l’anima al nostro celeste Sposo ed in pena di questo, ahimé! Il dolcissimo Signore di quante grazie ci priva solamente perché la porta del nostro cuore non gli è aperta con santa confidenza. (Pietrelcina, 17 agosto 1913, Ep.I p. 405s )
Dagli scritti di Padre Pio:
Lodo e benedico sempre Dio per la continua assistenza che esercita a vostro favore, e per la fermezza che egli vi dà in sopportare le vostre tribolazioni. Nulladimeno, mio carissimo padre, vi scorgo qualche inquietudine e sollecitudine, che impediscono l’ultimo effetto della vostra pazienza. “In patientia vestra possidebitis animas vestras” (Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime) ( Lc. 21, 19), ci dice il divin maestro. Dunque è per mezzo di essa, che noi possederemo la nostra anima; ed a misura che quella sarà perfetta, il possesso della nostra anima sarà intiero, perfetto, sicuro. Quindi quanto meno sarà mescolata di sollecitudini e di disturbi, la nostra pazienza maggiormente è perfetta. ( San Giovanni Rotondo, 4 maggio 1917, Ep. I, p. 890 )
Dagli scritti di Padre Pio:
Grazie ai favori dei quali Iddio non cessa di ricolmarmi, mi trovo migliorato assai nella fiducia in Dio. Per l’addietro alle volte mi pareva d’aver bisogno degli aiuti altrui, adesso non più. Conosco per propria esperienza che il vero rimedio per non cadere è l’appoggiarsi alla croce di Gesù, colla confidenza in lui solo, che per la nostra salvezza volle esservi appeso. ( Pietrelcina, 26 marzo 1914, Ep. I, p. 463 )
Dagli scritti di Padre Pio:
… La ragione vera per cui non trovi, o meglio non sempre riesci a far bene la tua meditazione, io la rinvengo in questo e non mi sbaglio. Tu ti accosti a meditare con una certa speciale alterazione congiunta con una grande ansietà di trovare qualche oggetto che possa far rimanere contento e consolato il tuo spirito; e questo basta per far che tu non trovi mai quel che cerchi e non posi la tua mente nella verità che mediti ed il tuo cuore vuoto di affetti. Figlia mia, sappi che quando uno cerca con gran fretta ed avidità una cosa perduta, la toccherà con le mani, la vedrà con gli occhi cento volte, e non se ne accorgerà mai. Da questa vana e inutile ansietà non te ne può derivare altro che una grande stanchezza di spirito ed impossibilità di mente di fermarsi sull’oggetto che tiene presente e da questo poi, come da sua propria causa, una certa freddezza e stupidità dell’anima, specialmente nella sua parte affettiva. ( San Giovanni Rotondo, 23 agosto 1918, Ep. III, p. 980s )
Tratto dall’Epistolario I,III,II edizione anno 1973, 1975 a cura di Melchiorre da Pobladura e Alessandro da Ripabottoni
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